Giorgio Gaber - La Dentiera
La dentiera. Storia seria. Non si ride.
La stanza è buia. Ci sono già stato. Strano. La stanza di un malato cambia. Le cose, le bottiglie, trovano sempre, non si sa come, la forza di invecchiare. C'è una specie di morte in tutto, ma allegra, leggera.
"Sto morendo", ripete lui, con calma però. Mi dispiace per il cavedano. Il cavedano. Bel pesce, eh? Quando sei lì che abbocca, non abbocca... Una volta un pensiero del genere mi avrebbe messo un complesso di colpa... Come sono maturato!
"Sto morendo", ripete lui, sempre con calma.
È già tardi. Io dovevo essere sul lago prima delle sette. Il cavedano mangia solo dalla sette alle otto. Per fortuna che giù in macchina ho già le canne e i vermi. Una volta, quando vedevo uno che moriva mi commuovevo: "vedrai, andremo con la barca dove il mare è alto in mezzo ai pescecani... Vedrai..." (1) Non lo posso mica portare in mezzo ai pescecani, eh...
Lui muore, e già che sono qui mi metto a pensare, non a lui, alla morte in genere. Cioè, come deve morire uno per essere giusto? Giusto nel suo personaggio. E allora mi vedo davanti Francesca Bertini, attaccata alle tende. Con la tosse. Tisica. Giusta. Henry Miller: cancro. Perfetto. E Albertazzi... tutto bianco, anziano. A Chianciano. E Nazzari, sì, Amedeo Nazzari? Mentre fa un Carosello tutto contornato da giovani. "E allora ragazzi pino silvestre, sì una doccia, basta una doccia..." Pum! E Fellini, Federico Fellini? Sì: il fuoco di Sant'Antonio. Tutto pieno di pus, di foruncoli, bello. Giusto. E La Malfa? Dissenteria. E Robespierre, Erasmo da Rotterdam, Hitler, saranno morti giusti?
La gente riesce a fregarti anche nel modo di morire. Non ho mica le idee chiare sulla morte. Sul cavedano sì, certe moschine, zic!
Macché, lui non si decide. Butta via l'aria, e l'aria ci rientra, maledizione. Intanto, dietro la porta la moglie ci sta spiando. La conosco bene quella lì. È una roba che avrei voglia di andar lì e farle: "bu!". Lei mi fa: "bisognerebbe che gli facessi togliere la dentiera, disturba la respirazione". Generosa, a volte.
"Ma non è meglio che glielo dica lei?".
"No, no, per carità. Da trent'anni so che porta la dentiera non ha mai voluto dirmelo. Lui non sa che io so".
Rientro piano nella stanza. Mi accosto al letto e gli consiglio di toglierla. Con l'ultimo fiato mi risponde "non ho mai avuto la dentiera!". Civetteria. Si è artisti con quel che si trova.
Intanto nel corridoio la moglie è furente e mi rimprovera per la dentiera come se fosse per colpa mia. "Era d'oro, era d'oro, lo so io quanto l'aveva pagata: impalcatura, avvitamenti, articolazioni perfette, con legamenti e lamelle finissime d'oro, di platino... stupenda, preziosa, eccezionale, non ne fanno più così!".
Una bella grana, eh, non sono riuscito a levargliela. Sto quasi per ritentare ma lui rantola, agonizza, sta per chiudere gli occhi.
È finito. Finito.
Temperatura 39.7. Pulsazioni 102. Pressione 60. Umidità relativa 67.52%
È tardi. È tardi.
Il cavedano, ormai...
La stanza è buia. Ci sono già stato. Strano. La stanza di un malato cambia. Le cose, le bottiglie, trovano sempre, non si sa come, la forza di invecchiare. C'è una specie di morte in tutto, ma allegra, leggera.
"Sto morendo", ripete lui, con calma però. Mi dispiace per il cavedano. Il cavedano. Bel pesce, eh? Quando sei lì che abbocca, non abbocca... Una volta un pensiero del genere mi avrebbe messo un complesso di colpa... Come sono maturato!
"Sto morendo", ripete lui, sempre con calma.
È già tardi. Io dovevo essere sul lago prima delle sette. Il cavedano mangia solo dalla sette alle otto. Per fortuna che giù in macchina ho già le canne e i vermi. Una volta, quando vedevo uno che moriva mi commuovevo: "vedrai, andremo con la barca dove il mare è alto in mezzo ai pescecani... Vedrai..." (1) Non lo posso mica portare in mezzo ai pescecani, eh...
Lui muore, e già che sono qui mi metto a pensare, non a lui, alla morte in genere. Cioè, come deve morire uno per essere giusto? Giusto nel suo personaggio. E allora mi vedo davanti Francesca Bertini, attaccata alle tende. Con la tosse. Tisica. Giusta. Henry Miller: cancro. Perfetto. E Albertazzi... tutto bianco, anziano. A Chianciano. E Nazzari, sì, Amedeo Nazzari? Mentre fa un Carosello tutto contornato da giovani. "E allora ragazzi pino silvestre, sì una doccia, basta una doccia..." Pum! E Fellini, Federico Fellini? Sì: il fuoco di Sant'Antonio. Tutto pieno di pus, di foruncoli, bello. Giusto. E La Malfa? Dissenteria. E Robespierre, Erasmo da Rotterdam, Hitler, saranno morti giusti?
La gente riesce a fregarti anche nel modo di morire. Non ho mica le idee chiare sulla morte. Sul cavedano sì, certe moschine, zic!
Macché, lui non si decide. Butta via l'aria, e l'aria ci rientra, maledizione. Intanto, dietro la porta la moglie ci sta spiando. La conosco bene quella lì. È una roba che avrei voglia di andar lì e farle: "bu!". Lei mi fa: "bisognerebbe che gli facessi togliere la dentiera, disturba la respirazione". Generosa, a volte.
"Ma non è meglio che glielo dica lei?".
"No, no, per carità. Da trent'anni so che porta la dentiera non ha mai voluto dirmelo. Lui non sa che io so".
Rientro piano nella stanza. Mi accosto al letto e gli consiglio di toglierla. Con l'ultimo fiato mi risponde "non ho mai avuto la dentiera!". Civetteria. Si è artisti con quel che si trova.
Intanto nel corridoio la moglie è furente e mi rimprovera per la dentiera come se fosse per colpa mia. "Era d'oro, era d'oro, lo so io quanto l'aveva pagata: impalcatura, avvitamenti, articolazioni perfette, con legamenti e lamelle finissime d'oro, di platino... stupenda, preziosa, eccezionale, non ne fanno più così!".
Una bella grana, eh, non sono riuscito a levargliela. Sto quasi per ritentare ma lui rantola, agonizza, sta per chiudere gli occhi.
È finito. Finito.
Temperatura 39.7. Pulsazioni 102. Pressione 60. Umidità relativa 67.52%
È tardi. È tardi.
Il cavedano, ormai...
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